James Day

Racconto

Era una mattina di giugno, il sole era alto
all'orizzonte, e i carichi di merci provenienti dall'Africa meridionale, approdavano grazie a navi inglesi, e compagnie commerciali americane nelle indie orientali.
Quei territori erano sterminati, ci viveva ogni tipo di uomo, pericoloso e non, la fauna era molto varia, c'erano bufali utilizzati per l'allevamento, dai contadini locali, mentre tigri e pantere erano tra i più feroci predatori che si annidavano tra quelle foreste oscure, dove nessun uomo senza essere munito di armi era riuscito a uscirne vivo. Nel porto erano presenti vari tipi di uomini, dai quaccheri americani, quei tizi che erano stati toccati direttamente dalla riforma luterana in America, oppure marinai inglesi, con la loro bell'uniforme blu e munita di bottoni dorati, che gli conferivano tanta reverenza pari a quella di Catone nel I canto del purgatorio. I marinai, facevano scendere le merci a terra, aiutati dai vari militari "sipai", indiani, o meglio indigeni arruolatisi nell'esercito inglese. Le merci erano varie, c'era orzo, caffè, piante di cacao, ma anche vari minerali, e pietre preziosi, come zaffiri,smeraldi, rubini, argento e oro, i quali venivano importanti dal ricco e sfruttato continente africano. Da quel luogo venivamo importante varie perle preziose, e beni di primaria importanza come tabacco, e varie colture locali, il commercio in quegli spostamenti navali, era l'attività più proficua per l'economia anglo-americana. Le navi erano rinforzate con parti d'acciaio, e c'erano anche oltre a navi commerciali, varie navi utilizzate per lo scontro armato, che contenevano artiglieria. Una tra queste erano di un armatore molto conosciuto il signor James Day, un uomo molto anziano, con delle profonde rughe che gli solcavano il volto, aveva avuto un passato all'interno della milizia inglese, ma dopo aver comprato ed essersi stabilito definitivamente, nel sub-continente indiano aveva avuto una fruttuosa rendita, e con i soldi ricavati da questi terreni, era riuscito a comprarsi una nave per l'artiglieria, la Sheep Day, che per via del suo passato nei militari col grado di colonnello, la aveva resa disponibile per la guerra e lo scontro contro i pirati che solcavano i mari dell oceano indiano. Day era presente quel giorno, i capelli erano di un bianco sporco, aveva un cappello a tesa larga nero, vestito con abiti borghesi, un completo grigio con una camicia bianca di seta, forse quella lavorata nell' Asia centrale, gli occhi erano azzurri di un blu ghiaccio, che esprimevano la freddezza, che da tempo era presente nel suo animo.Una barba folta gli incorniciava il viso, ed era un tipo molto particolare. Amava leggere i classici greci e latini, passando da Platone a Orazio, era un avido lettore di libri, e nell'esercito aveva vissuto tante esperienze che certe persone non avrebbero vissute nemmeno in dieci vite. Era un tipo strano a detta di molti, ma era dotato di una stranezza geniale, non era apprezzato da molti, nemmeno dai suoi commilitoni ma i suoi discorsi suscitavano all'interno della gente, delle emozioni e sensazioni profonde, esprimeva una grande dialettica con la quale risolveva dispute di ogni tipo, tutti rimanevano colpiti dal suo comportamento. Era alto poco più di un metro e settanta, e la sua corporatura era robusta, irrigidita dai duri addestramenti, all'interno dell'accademie belliche in gioventù. Lo si poteva osservare, era appena approdata nel porto da poco tempo. Si potevano scorgere vari marinai, perlopiù europei, ma c'erano diversi neri, come per esempio il cuoco, uno scozzese di origine Africana, gli uomini erano diretti, da un capitano con dei lunghi baffi neri, indossava la sua uniforme da ufficiale, poteva avere un età tra i quaranta e i quarantacinque anni, e il suo portamento era regale, quasi come se la nave fosse sua. Egli esclamò con parole acute: ''Benvenuto signor armatore''- Day avanzò a passi leggeri con  nel viso l'espressione di come se avesse da mantenere un segreto terribile, gli si rivolse con parole caute, come se non volesse farsi scorgere dagli altri marinai, gli sussurrò: ''Dobbiamo intraprendere una missione per conto del governo, dovrete prendere degli accordi anche con gente di cui vorrei parlarne in privato''.
Il capitano, di nome Carl Barney, assentì e fece cenno di seguirlo, i due procedettero sul ponte, dove scendendo per una scala di legno, arrivarono in una stanza con le pareti d'acciaio, alla quale poteva accedere solamente il capitano e il primo ufficiale, il quale era sceso a terra, per discutere con vari indiani sul rifornimento di armi, indispensabili, per difendersi, dai criminali e dagli avanzi di galera che imperversavano in quei mari, cosi bellicosi. La stanza era molto piccola, c'era un tavolo di legno, con varie carte nautiche,e forse era un luogo di sfogo per il capitano, il quale teneva il suo diario di bordo, con tutti gli avvenimenti successi, in quel periodo, passando dalla lotta contro dei pirati sudafricani, quando avevano oltrepassato il capo di buona speranza, o quando avevano fatto una sosta in Madagascar, e tre uomini dell' equipaggio erano stati uccisi da una tribù locale, la quale era molto dedita a livello religioso, a una credenza che si basasse sui sacrifici umani, di stampo animista. I due uomini si sedettero e James Day proseguì con la sua spiegazione.

(continua...)

Giulio

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