Racconto breve inventato di Charles Howard

Era appena passata una giornata stancante, al liceo scientifico Giordano Bruno di Roma. I ragazzi uscivano dalle aule con la voglia di ritornare a casa, dopo aver sostenuto interogazioni e compiti, mentre per altri la giornata si era svolta in assoluta tranquillità. Un ragazzo in particolare, con aria indifferente si affrettava a tornare a casa, era uscito dall'aula, egli indossava un cappellino rosso, un giubbotto blu di quelle marche in voga tra i ragazzi, e poi un paio di jeans custom fit, non troppo stretti ma nemmeno non troppo larghi. Il viso era pallido, cereo, i capelli e gli occhi scuri, specialmente gli occhi che parevano essere due grandi cioccolate calde, una barba rada gli circondava il viso, era una di quelle barbe informi che apparivano sul viso degli adolescenti, il ragazzo si chiamava Marco, a scuola se la cavava abbastanza bene, aveva 17 anni e faceva il quarto. Era un ragazzo solitario, non amava la compagnia, una mente schematica e incompresa, intelligente senza dubbio, ma anche troppo impegnato a risolvere problemi che non sussitevano, era paranoico. Nella sua vita era sempre stato preso per un idiota, diciamo per un coglione, non gliene è mai importato di nessuno, andava dritto per la sua strada come ogni uomo doveva saper fare per condurre un esistenza incentrata a obbiettivi come la realizazione dell'essere e lo sfogo emotivo in qualunque situazione. Gli piaceva una ragazza, ma forse certe volte si convinceva che quella ragazza non faceva per lui, passava il tempo guardando vecchi film e leggendo libri di ogni genere, l'ora e mezza che gli rimaneva la passava a studiare, era un tipo così a suo modo. Aveva inoltre un bel fisico, faceva palestra, la sua vita forse non era mai stata così pessima, l'aveva sempre scampata, ma voleva di più, lui voleva diventare famoso. Era capace di scrivere e di recitare, aveva buone qualità ma cercava di fare qualcosa di più per migliorare la propria vita. Prediligeva l'andare a puttane, non aveva ragazze, e forse quando avrebbe conosciuto qualcuno che gli avrebbe fatto cambiare, la sua vita avrebbe avuto una svolta, forse epocale, sperando che non sia apocalittica. Era immerso sempre nei suoi pensieri, voleva non essere considerato sempre il coglione della situazione, voleva liberarsi da tutto, ma doveva andare avanti, lo doveva fare per sè stesso, e ci credeva che l'avrebbe fatto, ci sarebbe riuscito un giorno. Marco fantasticava sul modo di vendicarsi dei torti subiti, ogni giorno, ma erano solo fantasie, dentro di sè si sentiva malvagio, cattivo, l'anti-eroe per eccellenza, era diffidente, sospettoso, paranoico,permaloso, compensava tutte queste negatività forse solamente con l'intelligenza, aveva anche un disturbo di personalità, una forza oscura che gli diceva ogni giorno quello che doveva e che non doveva fare, lo controllava, lo spingeva, e radicava il male dentrò di sè, era anche fascista,razzista,omofobo, era diventato maligno, e oltretutto era anche un gran codardo, non gli è mai capiato di sporcarsi le mani con la violenza. Cercava qualcosa con cui poteva cambiare la sua
vita, a un certo punto arrivò a casa, salutò i genitori, e sempre immerso nei suoi pensieri, si dedicava a immagginare ipotetiche vendette contro chiunque gli avesse fatto qualcosa che poteva comprometterlo. Era sul letto, quando una luce lo investì, proveniva dall'armadio, indispettito, cercò di avvicinarsi, ma la luce era così forte che lo ributtò a terra. Marco era curioso però si avvicinò sempre di più quando quella strana luce verdastra lo avvolse in un turbine vorticoso. Marco era scomparso.

Charles Howard

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