A che pro?
L'ennesima lettera, l'ennesima ragazza.
L'ennesima volta.
Va bene, ti dirò un paio di cose:
Ogni chat, telefonata, spero solo finisca. Odio che resto, odio che corro e scappo e vado via, ma cosa mi è rimasto?
Il ricordo di una speranza di una vita impossibile.
Sogno troppo, vivo poco.
Il mondo è teatro e le scene non finiscono; il sipario che divide il mio volto lacrimante e te che guardi e ridi non si muove.
La musica suona e sul palco ballo un lento; ballo con maschere,
personaggi.
Mai con te.
Il buio in sala, luci su di me.
La voce che arriva ad ogni angolo della stanza e un monologo ad occhi spenti.
Si ride, si canta, si corre.
Però la vita non è il primo atto e la mia di sicuro non una commedia.
Niente battute, nessun copione,
solo io e delle parole che so che capirai:
Una vita ad essere un romantico, una vita a sognare di come il futuro lo potrei avere con qualcuno.
Si, certo.
Basta sperarci. Oppure, basta sperarci.
Le telecamere sono spente, il palco fuori uso,
gli attori a casa loro, il regista in un qualche bar da solo,
il protagonista perso, il pubblico assente.
Di nuovo parte la musica, lenta e triste, e ballo.
Mi avvicino alla braccia di chi non c'è, le prendo i fianchi,
testa sulla spalla, occhi chiusi.
Fosse il pubblico caldo, le luci accese, gli attori sicuri;
fosse la musica soave, il tempo fermo, il palco mio,
tu saliresti, mi prenderesti lì in un colpo di scena.
Mi guarderesti a bocca socchiusa e a labbra gentili,
poi sipario.
Invece
(la realtà)
Il sipario è la porta che sbatto,
le battute il veleno che sputi,
la musica un cuore bradicardico,
aritmico,
spezzato.
Tutto il resto è il Superfluo: la parte con la quale senza tutto ha senso,
ma con la quale ogni storia finisce.
Finisce che io parlo, ma non ascolti,
che tu piangi, ma io non vedo,
che gli altri si scordano di noi,
che noi ci danniamo per averci provato.
E soli, nelle nostre stanze, la musica si dissolve,
le luci si spengono,
gli occhi si chiudono,
il loro brillo, come stelle riflesse nell'iride, scompare,
poi...
sipario.
Fine Primo Atto.
L'ennesima volta.
Va bene, ti dirò un paio di cose:
Ogni chat, telefonata, spero solo finisca. Odio che resto, odio che corro e scappo e vado via, ma cosa mi è rimasto?
Il ricordo di una speranza di una vita impossibile.
Sogno troppo, vivo poco.
Il mondo è teatro e le scene non finiscono; il sipario che divide il mio volto lacrimante e te che guardi e ridi non si muove.
La musica suona e sul palco ballo un lento; ballo con maschere,
personaggi.
Mai con te.
Il buio in sala, luci su di me.
La voce che arriva ad ogni angolo della stanza e un monologo ad occhi spenti.
Si ride, si canta, si corre.
Però la vita non è il primo atto e la mia di sicuro non una commedia.
Niente battute, nessun copione,
solo io e delle parole che so che capirai:
Una vita ad essere un romantico, una vita a sognare di come il futuro lo potrei avere con qualcuno.
Si, certo.
Basta sperarci. Oppure, basta sperarci.
Le telecamere sono spente, il palco fuori uso,
gli attori a casa loro, il regista in un qualche bar da solo,
il protagonista perso, il pubblico assente.
Di nuovo parte la musica, lenta e triste, e ballo.
Mi avvicino alla braccia di chi non c'è, le prendo i fianchi,
testa sulla spalla, occhi chiusi.
Fosse il pubblico caldo, le luci accese, gli attori sicuri;
fosse la musica soave, il tempo fermo, il palco mio,
tu saliresti, mi prenderesti lì in un colpo di scena.
Mi guarderesti a bocca socchiusa e a labbra gentili,
poi sipario.
Invece
(la realtà)
Il sipario è la porta che sbatto,
le battute il veleno che sputi,
la musica un cuore bradicardico,
aritmico,
spezzato.
Tutto il resto è il Superfluo: la parte con la quale senza tutto ha senso,
ma con la quale ogni storia finisce.
Finisce che io parlo, ma non ascolti,
che tu piangi, ma io non vedo,
che gli altri si scordano di noi,
che noi ci danniamo per averci provato.
E soli, nelle nostre stanze, la musica si dissolve,
le luci si spengono,
gli occhi si chiudono,
il loro brillo, come stelle riflesse nell'iride, scompare,
poi...
sipario.
Fine Primo Atto.
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