Kobe Bryant: carriera
VITA E CARRIERA
Kobe Bryant prese per la prima volta un pallone da basket a soli 3 anni, bensì diede inizio alla sua carriera in Italia, dove visse dai 6 ai 13 anni, vagando per il Bel paese seguendo il padre e i club per cui lavorava, infatti anche lui prima di Kobe fu un giocatore di basket, in tutto e per tutto. Il padre giocò a Rieti, Reggio Calabria, Pistoia e Reggio Emilia. A tredici anni tornò negli USA dove guadagnò molta fama giocando e vincendo il titolo nazionale con Lower Merion High School, situata in un sobborgo di Philadelphia, infrangendo al contempo il record di punti nel quadriennio liceale per la zona di Philadelphia detenuto daWilt Chamberlain realizzandone 2883.
Nel 1996, non ancora diciottenne, decise di fare il grande salto tra i professionisti e si dichiarò eleggibile per il Draft NBA senza passare per il college, nonostante vi fossero state offerte per lui da parte di prestigiose università come Kentucky e Duke.
Venne scelto dagli Carlotte Hornets al primo giro come numero 13 assoluto; subito dopo, però, gli Hornets cedettero ai Los Angeles Lakers i diritti su Bryant in cambio del ventottenne Vlade Divac, che dopo sette stagioni lasciò i gialloviola.
I Lakers, nella persona di Jerry West, si erano infatti innamorati di lui durante i provini che avevano preceduto il Draft. A quel punto, avendo messo sotto contratto Shaquille O’Neal in arrivo dagli Orlando Magic, i gialloviola erano disposti a cedere Vlade Divac in cambio della giovane promessa. Una decisione che, con il senno di poi, si rivelò più che azzeccata, ma che al tempo risultava azzardata: mai una guardia liceale era stata scelta così in alto al Draft.
I PRIMI ANNI A LOS ANGELES
L’inizio della sua carriera NBA non è dei più semplici: approdato in quella che è diventata la squadra di Shaq, Bryant trova poco spazio, pochi canestri e soprattutto poco ritmo in attacco. Nelle 71 partite giocate, il numero 8 segna meno di 8 punti a partita tirando con solo il 41.7% dal campo: sì, il vero Kobe è ancora lontano.
L’unica soddisfazione della sua prima stagione è il successo nello Slam Dunk Contest: il suo livello di atletismo è impressionante e le sue schiacciate convincono tutti a votare per lui, lasciandosi alle spalle Chris Carr e Michael Finley. Il secondo anno le cifre di Bryant migliorano, ma non la sua efficacia: raddoppiano i punti, ma a moltiplicarsi sono anche i tiri in una stagione chiusa comunque come secondo miglior sesto uomo dell’anno alle spalle di Danny Manning. I Lakers però avanzano fino alle finali di conference battendo prima Portland e poi Seattle, ma schiantandosi di nuovo contro gli Utah Jazz di Stockton e Malone (0-4). La stagione è ridotta a sole 50 partite ma Bryant sboccia definitivamente: manca solo di un decimo i 20 punti di media (19.9) in quasi 38 minuti a partita, anche perché a marzo i Lakers scambiano il suo pari-ruolo Eddie Jones. Il percorso dei Lakers ai playoff però si interrompe di nuovo con un cappotto: 0-4 al secondo turno contro i San Antonio Spurs.
IL PRIMO TITOLO
Bryant conquista il primo titolo NBA della sua carriera battendo gli Indiana Pacers in sei partite, mettendo la firma sulla decisiva gara-4. Dopo aver saltato buona parte di gara-2 e tutta gara-3 per una brutta distorsione alla caviglia, Bryant stringe i denti scendendo in campo per la quarta e domina nel supplementare quando Shaq esce di scena per falli, chiudendo a quota 28 punti. Al ritorno a L.A. per gara-6 sono i suoi liberi della staffa a consegnare il primo titolo ai Lakers.
IL SECONDO TITOLO
Nella seconda stagione Kobe si ribella per tutta la stagione contro il ruolo di “secondo violino” che invece aveva accettato l’anno precedente, litigando a più riprese tanto con Shaq quanto con Jackson - specialmente a mezzo stampa. Dopo una regular season tumultuosa però la squadra cambia marcia nei playoff: 15 vittorie e una sola sconfitta, in gara-1 di finale contro la Philadelphia di Allen Iverson. Fino al 16-1 degli Warriors negli playoff del 2017 è stata la post-season più dominante di sempre.
IL TERZO TITOLO NBA
Dopo aver superato i Kings in una delle serie di playoff più controverse della storia della lega (grazie anche al miracoloso canestro di Robert Horry in gara-4), i Lakers completano il three-peat battendo i New Jersey Nets di Jason Kidd in quattro comode partite. Alla fine della quarta Kobe si mise addosso una maglia di Michael Jordan del 1998, sottolineando implicitamente come fosse riuscito a vincere anche lui tre titoli in fila.
81 PUNTI
In questo biennio, Kobe Bryant realizza la prestazione più leggendaria della sua carriera: il 22 gennaio 2006 segna 81 punti contro i Toronto Raptors, la seconda miglior gara di sempre nella storia della NBA dietro i 100 di Wilt Chamberlain. Bryant segna 26 punti nel primo tempo, 27 nel terzo quarto e 28 nell’ultimo, chiudendo con 28 canestri segnati su 46 tentati, 7/13 da tre, 18/20 ai liberi per — ovviamente — 81 punti. Nel dopo partita Phil Jackson dirà: “Ho assistito a tante partite nella mia carriera, ma non ho mai visto nulla del genere”.
IL PRIMO MVP
Con uno come Pau a fianco, i Lakers decollano e Kobe Bryant viene votato - per la prima e unica volta in carriera - come Most Valuable Player della lega per la stagione 2007-08. Dietro di lui finiscono Chris Paul dei New Olreans Hornets e Kevin Garnett, al suo primo anno con i Boston Celtics.
PRIMO ORO OLIMPICO: PECHINO 2008
Dopo aver saltato le precedenti edizioni dei giochi per vari problemi di natura fisica, Bryant risponde “Presente” alla convocazione del Redeem Team che deve riconquistare l’oro dopo la tragica spedizione di Atene 2004. Lascia la sua firma con una tripla fondamentale in finale contro la Spagna, portandosi il dito alla bocca per il momento più iconico della sua carriera con la nazionale USA.
IL QUARTO TITOLO, IL PRIMO DA MVP
| La fame di titoli e di vittorie di Kobe non si placa, anzi: nel 2008-09 torna ancora più carico per riprendersi quell’anello sfuggito contro i Celtics. I suoi Lakers vincono 65 partite in regular season e nei playoff si sbarazzano di Utah (4-1), Houston (4-3 soffrendo) e Denver (4-2) presentandosi di nuovo in finale, dove ad attenderli però ci sono gli Orlando Magic invece dei Boston Celtics. La serie è più combattuta del 4-1 finale, ma non c’era alcuna possibilità che Kobe mancasse l’appuntamento con il primo premio di MVP delle Finals della sua carriera
I 61 AL GARDEN
| Narra la leggenda che Kobe abbia chiesto al portiere dei Madison Square Garden quale fosse il record per punti segnati in singola partita, e che quando abbia sentito la risposta (60, segnati da Bernard King nel Natale del 1984) abbia detto solamente: “Ok, ci penso io”. Che sia realtà o leggenda, i 61 al Madison Square Garden rimangono una delle gare più iconiche della sua carriera, mostrando cosa era in grado di fare con tutte le luci puntate su di sé.
IL QUINTO TITOLO, IL PIÙ BELLO DI TUTTI |
I Lakers incrociano di nuovo le spade con i Boston Celtics dopo aver eliminato Oklahoma City, Utah e Phoenix. Ne esce una serie combattutissima che culminerà nella vittoria che Kobe Bryant ha sempre dichiarato — anche a carriera conclusa — di ritenere la più bella di sempre. Dalle rivalità degli anni ’60 e quelle degli ’80, Lakers-Celtics non è mai una sfida come le altre e Kobe chiude le 7 gare contro Boston con 28.6 punti, 8.6 rimbalzi, 3.9 assist e 2.1 recuperi di media.
SECONDO ORO OLIMPICO, LONDRA 2012
| Dopo la soddisfazione del 2008, Bryant è tra i 12 che vengono convocati per confermare l’oro vinto a Pechino, e riesce nell’obiettivo pur avendo un ruolo minore rispetto al passato. Kobe si limita a fare il difensore e il facilitatore, lasciando il proscenio a LeBron James e Kevin Durant (reduci dallo scontro in finale nel 2012) ma chiudendo la sua carriera in Nazionale senza subire neanche una sconfitta.
L’INFORTUNIO AL TENDINE
| Nell’estate del 2012 i Lakers acquisiscono sia Steve Nash che soprattutto Dwight Howard, cercando in questo modo di dare a Kobe un’ultima grande squadra per puntare al titolo. La stagione però si rivela un disastro, raggiungendo i playoff solo per il rotto della cuffia e subendo la peggior notizia in assoluto. In una gara interna con i Golden State Warriors Kobe si rompe il tendine d’Achille e deve dire addio ai playoff e alla stagione: non tornerà più a disputare una gara di post-season in carriera
GLI ULTIMI ANNI DI CARRIERA
| I due anni successivi alla rottura del tendine d’Achille sono piagati dagli infortuni: gioca solo 6 partite nel 2013-14 e 35 in quella successiva, giocando quindi solo 41 delle 164 partite disponibili. I Lakers senza di lui crollano nell’anonimato, raccogliendo solo 48 vittorie in due anni nonostante l’addio a Mike D’Antoni e l’arrivo di Byron Scott.
L’ULTIMA PARTITA DA 60 PUNTI
| L’addio alla pallacanestro e alla NBA è di quelle da film più che da vita reale: nella sua ultima partita Kobe tira 50 volte e segna 60 punti, in un crescendo rossiniano che porta i suoi Lakers a rimontare e vincere contro gli Utah Jazz e manda in completo visibilio il pubblico dello Staples Center. Dopo la gara, a centrocampo, chiude il suo ultimo saluto lasciando il microfono con le immortali parole: “Mamba Out”.
IL 24/8: IL GIORNO DI KOBE BRYANT
| “Per 20 anni siamo stati i beneficiari dell’incredibile talento e della leggendaria etica del lavoro di Kobe Bryant: il 24/8 vogliamo celebrarla dicendo pubblicamente ‘Grazie, Mamba’”. Con questa dichiarazione il membro del consiglio cittadino Jose Huizar dichiara il 24 agosto 2016 (giocando proprio sui numeri delle sue due maglie, 24 e 8) il “Kobe Bryant Day” per tutta la città di Los Angeles.
L’OSCAR PER “DEAR BASKETBALL”
| Nel marzo del 2018 vince l’Oscar per miglior cortometraggio animato con “Dear Basketball”, una trasposizione animata della sua lettera d’amore alla pallacanestro. "Mi fa sentire meglio che un titolo NBA" ha detto dopo la consegna, lanciando un frecciata alle polemiche sulle posizioni sociali dei giocatori di pallacanestro durante il discorso di accettazione
GLI ULTIMI ANNI |
Negli ultimi anni Kobe si era allontanato dai Lakers per occuparsi dei suoi affari (pubblicando anche una collana di libri per ragazzi) e la sua famiglia (allenando la squadra della figlia Gigi), oltre che aprendo una facility a suo nome. In due occasioni si è presentato allo Staples Center, venendo sempre accolto con grande calore in particolare da LeBron James
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